giovedì 30 marzo 2017

Cognitivismo e Costruttivismo

Cognitivismo
La psicologia cognitiva nacque intorno al 1967. Essa è una branca della psicologia che ha come obiettivo lo studio dei processi mentali mediante i quali le informazioni vengono acquisite dal sistema cognitivo, elaborate, memorizzate e recuperate.
Essa studia il funzionamento della mente come elemento intermedio tra il comportamento e l'attività cerebrale prettamente neurofisiologica. Il modello di funzionamento è assimilato (metaforicamente) a quello di un software che elabora informazioni provenienti dall'esterno (input), restituendo a sua volta informazioni (output) sotto forma di rappresentazione della conoscenza, organizzata in reti semantiche e cognitive.Quindi, la mente riceve delle informazioni appunto in entrata (input= che entra) successivamente questi dati rielaborati e semplificati dalla mente, vengono poi restituiti sotto forma di informazioni in uscita (output= che esce) La percezione, la sensazione, l'impressione, il pensiero, l'apprendimento, il ragionamento, la risoluzione dei problemi, la memoria, l'attenzione, il linguaggio e le emozioni sono processi mentali studiati dalla psicologia cognitiva.

Costruttivismo
Il Costruttivismo è un importante corrente psicologica che prende le distanze dal comportamentismo, secondo il quale la mente non è uno specchio che riflette la realtà, ma elabora e unifica gli stimoli che provengono dall`esterno.
Il ruolo dell`individuo è talmente attivo che egli "costruisce" se stesso e la realtà, non materialmente, ma perchè ciascuno attribuisce diversi significati agli eventi e ai comportamenti e perchè la realtà non è autonoma dagli strumenti con cui la conosciamo.
Questo concetto può essere spiegato con un esempio;
Immaginate che per osservare il mondo occorra necessariamente mettere sul naso un paio di lenti e che esistano solo lenti azzurre: il mondo sembrerà azzurro.
Ciò significa che non si conosce il mondo così com`è, ma come appare in base agli strumenti dei quali si dispone (lenti azzurre).
Su queste basi l`apprendimento, secondo il costruttivismo, è una sorta di interpretazione personale della realtà, che viene messa continuamente alla prova, come se gli uomini fossero scienziati che sperimentano per accertare, correggere o smentire le proprie teorie.


venerdì 24 marzo 2017

Skinner

BIOGRAFIA
Burrhus Frederic Skinner è stato uno psicologo americano altamente influente. Scrittore, inventore, sostenitore di riforme sociali e poeta. Inventò la camera di condizionamento operante, nota anche come "Skinner Box", e presentò il proprio punto di vista in relazione alla filosofia della scienza noto come Comportamentismo Radicale. Fondò inoltre la propria scuola di ricerca psicologica sperimentale chiamandola Analisi Sperimentale dei Comportamenti. Scoprì e portò avanti la frequenza di presentazione dei comportamenti come variabile dipendente nella ricerca psicologica. Inventò il cumulative recorder come strumento per misurare la frequenza dei comportamenti durante la sua ricerca, ritenuta fondamentale in psicologia sperimentale e applicata, sulle schede di rinforzamento.

ESPERIMENTO "SKINNER BOX"
L'esperimento più noto di Skinner riguarda la somministrazione di cibo a ratti chiusi in una gabbia che prenderà il nome di "skinner box". La somministrazione di cibo avveniva tirando una leva, appreso il comportamento tramite il rinforzo, il cibo veniva somministrato ad intervalli regolari, i ratti iniziavano ad associare alla somministrazione di cibo un atto arbitrario come lo scuotere la testa con la somministrazione del cibo cui casualmente corrispose.
L'esperimento di Skinner è anche noto come comportamentismo radicale modificato.

Watson e Il Comportamentismo

BIOGRAFIA
John Broadus Watson (Greenville9 gennaio 1878 – New York25 settembre 1958) è stato uno psicologo statunitense, padre del comportamentismo.

COMPORTAMENTISMO
Il comportamentismo (o behaviorismo o psicologia comportamentale) è un approccio alla psicologia, sviluppato dallo psicologo John Watson agli inizi del Novecento, basato sull'assunto che il comportamento esplicito dell'individuo è l'unica unità di analisi scientificamente studiabile della psicologia avvalendosi del metodo stimolo (ambiente) e risposta (comportamento), in quanto direttamente osservabile dallo studioso.

Esperimento del piccolo Albert (1920)

Obiettivi dell'esperimento erano: 
1) dimostrare che un'emozione come la paura è il risultato di un processo di condizionamento ambientale 
2) studiare l'evoluzione del condizionamento attraverso l'osservazione sistematica. Watson e la moglie Rosalie spaventarono un bambino (Albert) di circa un anno di età con un forte rumore quando questi giocava con un topo bianco. 
L'esperimento ripetuto più volte condizionò il bambino. 
Dapprima Albert strillava solo quando avvertiva il rumore, ma poi anche alla sola vista del topo bianco. Watson e la moglie osservarono che la paura indotta seguiva un processo di generalizzazione: Albert si spaventava in presenza di altri animali dal pelo bianco, eppure con oggetti lanosi e bianchi. Watson presentò questo bambino come normale anche se le cose non stavano proprio in questi termini. Albert era infatti affetto da idrocefalo, disturbo per il quale egli morì all'età di sei anni. L'esperimento attirò molte critiche su Watson anche perché, sembra, che la coppia non potesse ignorare il quadro clinico del bambino. Inoltre la tenera età del fanciullo, la mancanza di un processo di decondizionamento per rimuovere l'ansia indotta, rendono tutta la procedura eticamente discutibile.

Pavlov

STORIA

Ivan Petrovič Pavlov (Rjazan'14 settembre 1849 – Leningrado27 febbraio 1936) è stato un fisiologo ed etologo russo, il cui nome è legato alla scoperta del riflesso condizionato, da lui annunciata nel 1903.

RIFLESSO CONDIZIONATO

Il riflesso condizionato è una reazione prodotta nell'animale in cattività da un elemento esterno, che l'animale si abitua ad associare ad un preciso stimolo (presentato subito dopo durante la fase di condizionamento; subito prima una volta effettuato il condizionamento). Il primo agente diventa perciò lo stimolo chiave, ciò che attiva il riflesso condizionato.

ESPERIMENTO

L'esperimento classico di Pavlov si propone la dimostrazione del riflesso condizionato, cioè con uno stimolo naturale si è in grado di provocare il verificarsi di un determinato evento (risposta). Gli organismi (animali ed umani) imparano ad associare uno stimolo con un altro. Centrali per il condizionamento classico sono i riflessi, ovvero risposte non apprese e non controllabili, come la salivazione, la contrazione pupillare, la chiusura degli occhi.
Associando per un certo numero di volte la presentazione di carne ad un cane con un suono di campanello, alla fine il solo suono del campanello determinerà la salivazione nel cane. La salivazione è perciò indotta nel cane da un riflesso condizionato provocato artificialmente.
Pavlov approntò la fase di condizionamento: dava da mangiare al cane ogni qualvolta si presentava il suono del campanello. Dopo varie ripetizioni, lo stimolo del campanello si trasformava in stimolo condizionato capace di produrre da solo una risposta, questa volta condizionata, di salivazione. Pavlov si rese anche conto che, più corto era il tempo fra la suoneria e l'arrivo del cibo, più rapido era l'apprendimento del riflesso.[2][3]
Lo stimolo incondizionato è qualsiasi stimolo che naturalmente evoca un comportamento riflesso, ad esempio la salivazione in seguito alla vista/odore del cibo; risposta incondizionata è il comportamento riflesso, come ad esempio la salivazione, evocato da uno stimolo incondizionato; stimolo neutro è uno stimolo che non ha alcun significato per l'organismo (campanello). Quando è associato a uno stimolo incondizionato, lo stimolo neutro può diventare uno stimolo condizionato.

I Riflessi Innati

I RIFLESSI INNATI


Appena nato il bambino è apparentemente privo di capacità motorie. In realtà si nasce con un corredo arcaico di istinti primordiali fondamentali chiamati riflessi innati. Si tratta di risposte automatiche e istintive che dipendono dal midollo spinale e dal mesencefalo. Alcuni sono fondamentali per la sopravvivenza anche da adulti, altri sono destinati a scomparire dopo le prime settimane di vita.

Esistono vari tipi di riflessi innati, citandone alcuni:
- Riflesso di respirazione.
La prima azione che il neonato compie: respirare. Con i primi vagiti l’aria entra nei polmoni e li espande, dando avvio alla respirazione autonoma.

- Riflesso di suzione.

è un istinto fortissimo, legato alla sopravvivenza. Già alla nascita, se gli si sfiora la guancia con un dito, il bebé si volta da quella parte e cerca con la bocca quello che crede essere il capezzolo della mamma da succhiare.

- Riflesso di deglutizione.

Un altro riflesso legato alla nutrizione e alla sopravvivenza.

- Riflesso di prensione.

Il neonato tende ad afferrare subito qualsiasi oggetto gli venga messo in mano. Sfiorandogli le manine, queste stringeranno subito l’oggetto che le ha sfiorate. Questa funzione è istintiva e incontrollata solo per un breve periodo.

- Riflesso del collo teso.

Quando sta a pancia in su il bambino volge il capo verso il lato preferito e allunga un braccio e una gamba verso questo lato, flettendo gli altri arti. Anche questo riflesso, puramente istintivo, tende a scemare intorno al quinto mese.

- Riflesso di Moro.
Sottoposto a uno stimolo improvviso, che ne modifica il tono muscolare, il bebè spalanca le braccia, flette il capo all’indietro e solleva le gambe unendo le piante dei piedini. Questo riflesso tende a scomparire dopo il terzo mese.

- Riflesso di marcia automatica.
Sostenuto sotto le ascelle, mentre sfiora un piano con i piedi, il neonato muove le gambe come se cercasse di camminare. Questi movimenti non sono i “primi passi”, ma il riflesso dello sgambettamento che faceva nel grembo della mamma per  cambiare posizione.
Questo riflesso scompare intorno al sesto mese.

riflessi neonatali, sono dei gesti involontari e fuori dal controllo del bambino. Saranno sostituiti da azioni volontarie che permetteranno al bambino di acquisire autonomia, sviluppando nuove abilità psicomotorie sempre più complesse.

Stella

STELLA

Francia, 1977. Stella, una ragazzina dei quartieri operai, viene ammessa a frequentare il primo anno di una prestigiosa scuola media, dove si trova come un pesce fuor d'acqua finché non conosce Gladys, la prima della classe, amica per errore e per fortuna. 
Prima che Gladys le offra le parole che le mancano, Stella è cresciuta con i testi del juke-box, per casa un rumoroso bar di periferia e per famiglia una schiera di disadattati e alcolisti; presenze fisse ma non propriamente mature, tra le quali spicca l'angelo buono (a nulla) di Guillaume Depardieu. 
Stella, della regista Sylvie Verheyde, è dunque il racconto di ciò che avviene quando una ragazzina spensierata e trascurata comincia a prendere coscienza che il suo mondo non è l'unico possibile, non è il migliore, forse non è nemmeno più quello che la fa felice. Nessuno, fino ad ora, le aveva mai insegnato l'ortografia, nessuno le aveva mai detto che esiste una scrittura "retta" dell'esistenza e che lei, se non si trova agli antipodi, di sicuro parte quanto meno "svantaggiata". A noi spettatori, però, lo anticipa la macchina da presa, superandola regolarmente nella sua corsa verso casa, come a sottolineare il gap, la strada che le resta da fare. 
Leggermente doloroso, come un cordone ombelicale che si spezza, divertente, come una lingua straniera messa in bocca ad una principiante volonterosa ma impreparata, il film in gran parte autobiografico della Verheyde, affidato all'aria fragile e misteriosa di Léora Barbara, è un racconto di formazione che non aggiunge forse nulla di nuovo alla già nutrita schiere di "Zazie" dello schermo ma riesce a raccontare un'epoca e un'età fondendole magicamente tra loro, senza mai indugiare nella nostalgia. Perché, in fondo, questo piccolo film di grandi attori (la madre e il padre della protagonista, in primis), più ancora che il tenero ed amaro diario di un'adolescente che ha saltato l'infanzia, è il racconto di un'opportunità. I francesi dicono "chance", che suona un po' "fortuna" e un po' "caso", ma è comunque un'opportunità.

domenica 19 febbraio 2017

La Psicologia Della Gestalt

La Psicologia Della Gestalt
Introduzione

La psicologia della Gestalt (dal tedesco Gestaltpsychologiepsicologia della forma o rappresentazione) è una corrente psicologica incentrata sui temi della percezione e dell'esperienza che nacque e si sviluppò agli inizi del XX secolo in Germania (nel periodo tra gli anni dieci e gli anni trenta), per proseguire la sua articolazione negli USA, dove i suoi principali esponenti si erano trasferiti durante il periodo delle persecuzioni naziste.

La Gestalt

Fondatori della psicologia della Gestalt sono di solito considerati Kurt KoffkaWolfgang Köhler e Max Wertheimer che sono stati certamente i principali promotori e teorizzatori scientifici di questa corrente di ricerca in Psicologia. I loro studi psicologici si focalizzarono soprattutto sugli aspetti percettivi e del ragionamento. La Gestalt contribuì a sviluppare le indagini sull'apprendimento, sulla memoria, sul pensiero e nell'ambito della psicologia sociale.
L'idea portante dei fondatori della psicologia della Gestalt, che il tutto fosse diverso dalla somma delle singole parti, in qualche modo si opponeva al modello dello strutturalismo, diffusosi dalla fine dell'Ottocento, ed ai suoi principi fondamentali, quali l'elementarismo. E da qui la famosa massima: "Il tutto è più della somma delle singole parti".
Le teorie della Gestalt si rivelarono altamente innovative, in quanto rintracciarono le basi del comportamento nel modo in cui viene percepita la realtà, anziché per quella che è realmente; quindi il primo pilastro della teoria della Gestalt fu costruito sullo studio dei processi percettivi e in una percezione immediata del mondo fenomenico.[5]
Il modello teorico della Gestalt riguardante il pensiero si oppose a quello comportamentista, secondo il quale gli animali risolvevano le problematiche con un criterio costituito da tentativi ed errori, proponendo invece un criterio di spiegazione formato dal pensiero, dalla comprensione e dall'intuizione.
Anche nel settore della psicologia sociale le teorie della Gestalt entrarono in conflitto con quelle comportamentiste, che prevedevano di spiegare il comportamento sociale solo in base alle gratificazioni sociali, quali l'elogio e l'approvazione, e proposero invece la teoria dell'attribuzione che metteva in risalto le sensazioni, le percezioni, gli obiettivi, le intenzioni, le convinzioni, le motivazioni e le credenze.
Successivamente, importanti studi furono condotti da Lewin con la teoria del campo e Goldstein con una teoria della personalità secondo la quale l'intero organismo partecipa al suo comportamento.
In seguito, a partire dagli anni sessanta, la Gestalt soffrì per alcuni decenni della sua difficoltà a misurarsi con l'avanzato metodo sperimentale e gli approcci psicometrici utilizzabili dal nascente movimento cognitivista; il suo modello di teoria della mente si dimostrò dunque meno euristico di quello del cognitivismo, in tutti i settori che non fossero legati alla psicologia della percezione. Solo in quest'ultimo ambito, per via di alcune difficoltà a spiegare alcuni fenomeni percettivi in un'ottica strettamente cognitivista, la Gestalt ha recuperato un limitato interesse alla fine del XX secolo. Interessante appare infatti l'attenzione agli aspetti fenomenici della percezione, che il cognitivismo ha in parte trascurato nel suo programma di ricerca, anche se teorie sui campi elettrici del cervello hanno perso, col passare degli anni, la considerazione da parte dei fisiologi.